Per loro, abbiamo un piano:
Vi chiedete se le persone sono preparate adeguatamente per contribuire al raggiungimento degli obiettivi e sostenere la crescita aziendale? Vi offriamo alcuni strumenti per rispondere a questa domanda: analisi organizzativa, assessments, profili, job description e KPI di ruolo, valutazione delle competenze rispetto al ruolo.
Per capire a cosa serve una job description, la descrizione delle attività che un collaboratore svolge all’interno di un reparto o ufficio, dobbiamo ragionare in termini di obiettivi, responsabilità e requisiti.
Gli obiettivi sono quelli che mi permettono di declinare la mansione in modo da garantire il raggiungimento dei risultati attesi. La responsabilità determina chi, in azienda, ha le leve necessarie per garantire l’efficienza del processo e i requisiti sono le competenze e le inclinazioni necessarie per ricoprire un determinato ruolo.
Di conseguenza, è fondamentale che ci sia chiarezza e condivisione degli obiettivi aziendali e di ufficio/reparto e che si evidenzi, attraverso una mappatura del processo, affiancamento e interviste, il grado di corrispondenza tra i requisiti attesi e quelli che il collaboratore possiede.
Uno degli sprechi più difficili da scovare è la mancata aderenza dei profili e delle competenze all’organizzazione.
Personale qualificato, impiegato in mansioni a scarso valore aggiunto che non necessita di tali competenze: oltre a demotivare il collaboratore, le sue competenze non vengono né valorizzate né sfruttate, vanno quindi sprecate.
Personale qualificato da un punto di vista tecnico, generalmente con una certa anzianità nel ruolo, a cui vengono affidati incarichi che prevedono competenze tecniche, ma soprattutto capacità relazionali, di coordinamento di un team e di leadership. L’azienda rinuncia ad un valido tecnico e non “guadagna” un Responsabile, per mancate competenze trasversali, spesso sottovalutate ma indispensabili.
Personale non qualificato con molti anni di servizio, che gode della fiducia dell’azienda, al quale vengono affidate mansioni per le quali è necessaria una competenza specifica. In questo caso, l’azienda dovrà mettere in campo una serie di correttivi che nasconderanno forse l’incompetenza ma non garantiranno processi snelli e decisioni corrette.
Si potrebbero fare altri esempi, ma emerge chiara la necessità di creare nelle aziende un’organizzazione formata da collaboratori con le competenze e le inclinazioni giuste al posto giusto. Ove queste competenze non fossero disponibili, un’attenta analisi del potenziale porterà ad un piano formativo per colmare le lacune dei Dipendenti o alla decisione di assumere una figura che corrisponda alle esigenze.
Questo processo riorganizzativo passa attraverso l’analisi delle competenze e la creazione di “job description”, ossia profili di know how tecnico e competenze trasversali necessarie per ogni casella dell’organigramma.
Telelavoro e smart working. Le due parole sono figlie del loro tempo. La prima nasce intorno agli anni 70. Il lavoro viene svolto presso la propria abitazione, può essere un lavoro d’ufficio oppure un’attività manuale più o meno specializzata. Il telelavoro permette all’azienda di risparmiare su alcuni costi e di essere più flessibile nella costruzione di un team con competenze estese e orari flessibili. Le comunicazioni tra lavoratori ed azienda sono garantite dalla comunicazione di dati attraverso la rete. Per il lavoratore, la sede di lavoro risulta essere l’abitazione a tutti gli effetti.
Lo smart working è sempre una modalità di lavoro subordinato, regolato da contratto nazionale del settore di appartenenza, senza però vincoli a livello di sede ed orari. Parliamo in questo caso di flessibilità organizzativa e interazione attraverso piattaforme per gestire incontri, conferenze e corsi completamente on line con la partecipazione di persone interne ed esterne all’azienda.
Al dilà degli aspetti contrattuali, c’è un punto che non dobbiamo perdere di vista e che riguarda la relazione tra datore di lavoro e collaboratore. Molte aziende oggi “resistono” allo smart working, sono contrarie, perché c’è l’idea che il dipendente, da casa, sia molto meno produttivo che in ufficio e che sia troppo difficile controllare il suo operato. Indubbiamente, la lontananza è un ostacolo che potrebbe avere ripercussioni sull’efficienza. Bisogna allora chiedersi, in ottica lean, quali sono le possibili soluzioni. Le vere soluzioni sono legate, anche in questo caso, alla chiarezza degli obiettivi, alla comunicazione trasparente e intelleggibile delle priorità a ciascun dipendente. In questo modo, il numero delle ore di lavoro è meno importante del raggiungimento dei risultati, che risultano facilmente monitorabili grazie ad indicatori semplici e condivisi.